Abbiamo seguito la presentazione del PAAV (piano di attuazione dell’arenile e dei viali a mare) che si è tenuta nell’aula del consiglio comunale mercoledì 17 dicembre.
La prima impressione è che non si possa certo raccontare che sia stato un momento di partecipazione, né con la cittadinanza né con la categoria dei balneari.
C’era effettivamente un po’ di pubblico ma mancavano ad esempio i rappresentanti portavoce della categoria balneare.
Tacito assenso o silenzioso dissenso?
Per quanto riguarda la cittadinanza, e quindi anche le associazioni ambientaliste, nulla è stato detto prima della presentazione riguardo alla possibilità di fare domande dal pubblico, per cui, di fronte all’inaspettata concessione di parola, sono potuti intervenire solo alcuni tra i presenti improvvisando i loro interventi.
Nessuna novità nella presentazione rispetto a quanto abbiamo già più volte dichiarato su questo Piano:
Assenza di un vero percorso partecipato
Scelte tecniche che privilegiano l’aspetto economico piuttosto che quello ambientale e di interesse collettivo.
Mancanza di una visione complessiva territoriale che genera contraddizioni e conflitti progettuali
1) Un vero percorso partecipativo non si affida alle osservazioni da presentare dopo che il Piano è già stato adottato, ma dovrebbe prevedere un dialogo con la cittadinanza che sia precedente all’adozione dell’atto stesso.
“Appare sempre più difficile preservare lo spazio del dialogo e della mediazione all’interno di società che sembrano oggetto di forze centrifughe divaricanti, con una pericolosa riduzione delle occasioni di dialogo, di collaborazione, di condivisione. Si tratta di una dinamica che non riguarda soltanto la politica ma la precede e va molto oltre. Tocca ambiti sociali, economici, culturali, persino etici.
Il pluralismo delle idee, l’articolazione di diverse opinioni rappresentano l’anima di una democrazia.” (Presidente Mattarella, 17 Dicembre 2024)
2) Il precedente piano degli arenili non fu approvato anche perché era previsto il passaggio della ciclopedonale davanti al complesso della Torre Fiat.
In quel caso, oltre ad avere un rischio legato alle mareggiate, si sarebbe limitata l’attività economica legata al complesso ricettivo.
Quella osservazione è stata ben recepita con il nuovo PAAV al punto che adesso la ciclopedonale fatta passare sul viale interno.
Ma non ci si è fatto alcuno scrupolo a progettarla di fronte al centro riabilitativo Don Gnocchi, che ha tra le sue peculiarità proprio la riabilitazione in mare (Ricoveri riabilitativi estivi).
Immaginiamoci quindi persone con problemi di deambulazione che, per accedere alla spiaggia, dovranno attraversare obbligatoriamente una ciclopedonale nella quale si presume che biciclette e affini debbano avere la precedenza…
Sempre che poi la ciclopedonale resista alle mareggiate ormai frequenti e che invadono il lungomare più volte nell’arco dell’anno.
Ancora una volta quindi ci inchiniamo davanti alle esigenze dell’economia e invece non ci facciamo il minimo scrupolo a sacrificare le esigenze dei più fragili.
“È, questo, un sistema di capitalismo… che preferisce distruggere il pianeta per il tornaconto di pochi piuttosto che preservarlo per il bene di molti. Si fonda sull'avidità e sullo sfruttamento invece che sul benessere della famiglia umana. È un sistema in cui i costi dello stile di vita insostenibile dei pochi gravano sui molti: sia in termini finanziari sia per quel che riguarda il loro benessere fisico e mentale, per il loro stesso futuro. Permette a una minoranza di privilegiati di essere liberi, limitando le possibilità di molti”. (Vanessa Nakate, Aprite gli occhi pag 170)
3) Adottare un Piano che regolamenterà la gestione della nostra costa per almeno i prossimi 10 anni e che non preveda di dover far conto con l’innalzamento del livello del mare e con l’effetto erosivo, secondo noi non serve a niente e nessuno.
Le soluzioni posticce che sono state individuate come pianificare un rialzamento delle strutture esistenti di 20 cm o l’utilizzo di pali di metallo, oppure come il muretto di protezione che sarebbe allo studio per difendere la ciclopedonale tirrenica davanti al tratto delle colonie costituiscono un tentativo di tenere assieme precariamente aspetti che invece dovrebbero essere affrontati con un certo coraggio e consapevolezza dello stato delle cose.
A rendere ancora più fragile il piano è la mancanza della visione territoriale complessiva che riesca a tenere assieme territori e problematiche differenti. Menzionare, ad esempio, il problema della balneabilità delle acque alla foce dei fiumi, senza però prevedere alcuna soluzione e meno che meno un’analisi realistica sulle cause di tali problemi (depuratore, sistema fognario, mancata pulizia degli alvei dei fiumi, inquinamento da marmettola) non può far passare questo Piano come uno strumento integrato con il territorio, ma un documento senza anima e futuro che vive nella speranza che vada tutto bene, sempre.
Ed entrando ancora un po’ più nello specifico, ci preme rilevare come la priorità rispetto al Pit di salvaguardare i varchi visuali (poter vedere il mare dalle stradine che si affacciano sul lungomare) a noi sembra davvero un pannicello caldo.
Non siamo interessati a “vedere” il mare da un varco di pochi metri.
Vorremmo invece poterne usufruire in modo davvero libero e su percentuali più ampie e reali rispetto a quelle indicate nel piano.
La storia delle associazioni di balneari che dovranno lasciare libera alla fruizione una percentuale dell’arenile, a noi pare un azzeccagarbugli, una manovra fittizia per aggirare norme e opinione pubblica.
E che si risolverà in un nulla di fatto.
“Fare comunità è importante sotto tanti punti di vista, in questo mondo in cui siamo dominati dalla ego-nomia, dall'economia dell'io, il profitto per sé stessi; ecco, dovremmo andare vero l'economia nel senso etimologico di "casa comune". (Professor Antonio Pasini)