Dal 24 al 26 giugno, per il suo matrimonio, il “signor Amazon”, con un patrimonio personale superiore ai 200 miliardi di dollari, si comprerà la città di Venezia.
Per tre giorni tutte le stanze di albergo saranno prenotate, tutti i taxi e le gondole della città saranno riservati agli ospiti di George Bezos.
Venezia sarà ridotta ad un parco giochi in vendita al miglior offerente, in cui non c’è spazio per i residenti.
Una città che verrà di fatto “occupata” da un miliardario, ma che, in nome del denaro, potrà esserlo, senza alcun rischio di criminalizzazione.
"Il turismo di massa non è solo un’industria, ma un dispositivo che svuota le città della loro anima, trasformandole in scenografie per ricchi."
Marco d’Eramo (Il selfie del mondo)
“Protestare contro chi porta visibilità e ricchezza al nostro territorio è, a mio avviso, una vergogna”, ha detto Zaia.
Non suonano forse familiari queste parole?
“Nonostante quei pochi che hanno remato e continuano a remare contro gli interessi di Massa e dei massesi, continuerò a lavorare per garantire un rilancio strategico dell’aeroporto".
(Francesco Persiani sul nuovo progetto cementificazione dell’aeroporto del Cinquale)
In nome degli investimenti e del denaro altrui, siamo disposti a cedere un pezzo dei nostri diritti su ciò che sono, o dovrebbero essere, i beni comuni, patrimonio collettivo. Ci raccontano che queste operazioni porteranno ricchezza e sviluppo per la cittadinanza, quando invece si tratta di impoverimento e sottrazione di spazi pubblici.
Le privatizzazioni, la finanziarizzazione e la dismissione dei beni pubblici hanno trasformato la città in un meccanismo di estrazione del valore”
(David Harvey, Il diritto alla città)
Ciò che viene concesso al privato, difficilmente tornerà nella disponibilità pubblica. E gli obiettivi del privato non coincidono quasi mai con la salvaguardia del benessere collettivo.
E se osserviamo attentamente il nostro territorio, ci accorgiamo di come questa vendita a pezzi, sia cominciata già da molto tempo e che stia subendo una preoccupante accelerazione:
le montagne, svendute e devastate per il profitto di pochi signori del marmo, con pesanti conseguenze ambientali e di salute per tutta la comunità (inquinamento da marmettola);
le nostre spiagge, prima concesse a privati senza garantire una difesa necessaria di parti di arenile che restassero libere, oggi a rischio di predazione da parte dei grandi gruppi finanziari, con le gare pubbliche;
gli spazi verdi pubblici (Parco Ugo Pisa, Parco degli Ulivi);
l’aeroporto del Cinquale, destinato a diventare una “piccola Malpensa” a causa di “un’offerta che non può essere rifiutata”
i progetti in project financing, per cui “quello che prima era mio poi non lo è più” (la nuova piscina sul Viale Roma);
il tentativo di privatizzare la nostra acqua (fontanelle chiuse, vendita Evam)
La lista è lunga: dal locale al globale.
È una svendita senza ritorno: i gioielli di famiglia finiscono all’asta, valutati non per il loro valore sociale o ambientale, ma per il profitto immediato. E mentre i cittadini perdono pezzi di diritti, qualcuno, da Bezos ai gruppi finanziari locali, firma l’ennesimo contratto.
"Le comunità che resistono alle privatizzazioni non stanno solo difendendo un parco o una scuola, ma un’idea di futuro condiviso."
Rebecca Solnit (Storie di ribellione)